È tipico della storia di tutti i popoli e di tutte le nazioni alternare fasi di crescita a fasi di declino, periodi di recessione a periodi di sviluppo.
Ciò è vero sia da un punto di vista culturale che da un punto di vista economico.
In alcuni casi i cicli economici e quelli culturali sono sincronizzati, in altri no.
In passato la durata di tali epoche veniva misurata in decenni se non in secoli e ciò faceva sì che raramente gli uomini riuscissero a percepirne chiaramente il ritmo: in alcuni casi lo intuivano, in alcuni casi no, ma si trattava comunque di una visione sfocata.
Oggi non è più così: la tecnologia ha accelerato tutto all’ennesima potenza.
E se i cicli economici debbono necessariamente mantenere certi tempi legati a necessità produttive e/o commerciali di natura pratica, quelli culturali ne risultano totalmente svincolati.
Ciò è vero sia da un punto di vista culturale che da un punto di vista economico.
In alcuni casi i cicli economici e quelli culturali sono sincronizzati, in altri no.
In passato la durata di tali epoche veniva misurata in decenni se non in secoli e ciò faceva sì che raramente gli uomini riuscissero a percepirne chiaramente il ritmo: in alcuni casi lo intuivano, in alcuni casi no, ma si trattava comunque di una visione sfocata.
Oggi non è più così: la tecnologia ha accelerato tutto all’ennesima potenza.
E se i cicli economici debbono necessariamente mantenere certi tempi legati a necessità produttive e/o commerciali di natura pratica, quelli culturali ne risultano totalmente svincolati.
Assistiamo così, soprattutto sui social, a delle incredibili meteore, che sorgono, impazzano e muoiono in un batter di ciglia: il post delle 8:31 è già vecchio di secoli alle 8:33.
Questa situazione mi porta a farmi una domanda: siamo veramente noi? Le nostre percezioni culturali ed i nostri orizzonti sociali possono veramente cambiare con questi ritmi forsennati? Siamo forse tutti diventati delle banderuole digitali che girano al ritmo dell’ultimo tweet?
Questa situazione mi porta a farmi una domanda: siamo veramente noi? Le nostre percezioni culturali ed i nostri orizzonti sociali possono veramente cambiare con questi ritmi forsennati? Siamo forse tutti diventati delle banderuole digitali che girano al ritmo dell’ultimo tweet?
L’istinto e la ragione mi spingono a dire di no: la mia famiglia non cambia in base a un post. Quando mi siedo a cena al tavolo di un ristorante, zone multicolori permettendo, lo faccio con gli amici che conosco da oltre vent’anni, non con l’ultimo youtuber di moda.
I miei valori e le mie idee si sono formati prima che tutto questo caos cominciasse. Probabilmente la mia generazione è l’ultima che è riuscita a svilupparsi e a crescere ad un ritmo umanamente sostenibile: quando io ero un bambino il fatto che qualcuno si suicidasse per un ordine giuntogli da uno schermo era una cosa talmente ridicola da non essere neanche presa in considerazione. Quarant’anni dopo è un fatto di cronaca.
Negli anni ’20 dello scorso secolo i futuristi idolatravano la velocità, ma si riferivano alla velocità fisica, raggiungibile con un’automobile o con un aereo. Nessuno di loro immaginava, neanche nei suoi incubi peggiori, che la velocità avrebbe invaso e distorto il mondo delle idee, delle opinioni e dei sentimenti.
Negli anni ’20 dello scorso secolo i futuristi idolatravano la velocità, ma si riferivano alla velocità fisica, raggiungibile con un’automobile o con un aereo. Nessuno di loro immaginava, neanche nei suoi incubi peggiori, che la velocità avrebbe invaso e distorto il mondo delle idee, delle opinioni e dei sentimenti.
L’essere umano non è fatto per vivere in questo modo: se la mente si svincola totalmente dalla realtà fisica, tutti i punti di riferimento si perdono. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: un secolo fa la nostra nazione regalava al mondo Pirandello e D’Annunzio. Due secoli fa Verdi e Manzoni.
Oggi, Fedez ed i Maneskin: non è proprio la stessa cosa!!
Ed allora, ben vengano i movimenti che ci invitano a rallentare. Ben vengano lo slow food ed il turismo sostenibile.
Mettiamo da parte la corsa all’ultimo post e torniamo a vivere la nostra vita pienamente, con il cuore.
In fin dei conti, il cuore ha una ragione che la ragione non conosce.
Ed allora, ben vengano i movimenti che ci invitano a rallentare. Ben vengano lo slow food ed il turismo sostenibile.
Mettiamo da parte la corsa all’ultimo post e torniamo a vivere la nostra vita pienamente, con il cuore.
In fin dei conti, il cuore ha una ragione che la ragione non conosce.