Il Parco Naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli visto in relazione alle attività umane, con particolare riferimento alla Tenuta di San Rossore: excursus storico e prospettive future

Lo scopo di questo lavoro.
Il Parco Natura di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli in generale e, più in particolare, la Tenuta di San Rossore, vivono oggi una condizione totalmente avulsa dal territorio che la circonda che è assolutamente una novità rispetto ai secoli passati.
La visione museale di oggi, teorizzata da una cultura ed un approccio vetero ambientalista, non solo ne limita il godimento e lo sviluppo ma è incoerente con il passato, visto che fino al principio degli anni ’60 del XX secolo famiglie di contadini vivevano al suo interno, coltivando la terra ed allevando bestiame. Solo recentemente è prevalsa invece l’idea di fermare il tempo.
Se esaminiamo la storia di San Rossore, notiamo immediatamente due cose: la prima è che San Rossore è sempre stato una parte integrante, viva e vitale anche dal punto di vista economico, del territorio che lo circonda.
La seconda è che l’uomo ha costantemente modificato l’ambiente di San Rossore nel corso dei secoli, adattandolo alle proprie esigenze. È per questo che ciò che è San Rossore oggi è radicalmente diverso da quello di 2000 anni fa.
L’uomo da secoli è parte integrante di San Rossore avendone determinato e condizionato costantemente l’evoluzione. Insomma non si tratta di un’area incontaminata scevra  dalla presenza umana, ma, anzi, di un’area fortemente gestita dall’uomo. Il concetto di tenere l’uomo e le sue attività fuori è un concetto recente e incoerente con la storia autentica della tenuta.
La stessa presenza di decine di immobili, la stragrande maggioranza dei quali purtroppo abbandonati, ne sono una palese conferma.
San Rossore deve, a nostro avviso, essere governato da regole rigide e severe ma il suo rilancio non può che passare da una nuova e più moderna concezione in linea anche con quanto accade all’estero.
Lo stesso Master Plan recentemente commissionato dal Parco e solo per alcuni versi condivisibile, si basa proprio su una nuova visione di San Rossore.
Per quanto ci riguarda siamo fortemente convinti che nei prossimi anni si debba profondamente ripensare la Tenuta e pensare un nuovo progetto che si fondi su:
Conservazione e promozione della natura e dell’ambiente
Rigenerazione e valorizzazione anche a fini economici del patrimonio immobiliare
Promozione e rilancio della attività produttive presenti
Sviluppo e sostegno dell’ippica
Maggiore apertura al turismo anche con accesso dal mare.
Facendo un rapido excursus storico possiamo notare che in epoca romana San Rossore era una palude, una zona di caccia ed ospitava il Porto delle Conce, porto di Pisa in epoca romana, situato approssimativamente nel punto in cui oggi si trova la Sterpaia. Nel corso del Medioevo San Rossore mantenne la sua natura paludosa ma divenne anche il motore della Repubblica Pisana: da qui venne infatti il legname con cui vennero costruite le flotte che garantirono per secoli il potere di Pisa.
Successivamente San Rossore acquisì la vocazione agricola che ha mantenuto fin quasi ai giorni nostri ma ciò non significò la fine dei cambiamenti: i Medici diedero un particolare impulso all’allevamento ed alla raccolta di legname, modificarono il corso dell’Arno e del Serchio ed introdussero il daino, importato dalla Sardegna, per intensificare l’attività venatoria. I Lorena bonificarono buona parte degli acquitrini, modificarono il corso del Fiume Morto ed introdussero il pino marittimo ed il dromedario. Infine, Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone e governatrice della Toscana per conto di suo fratello, al principio dell’800 introdusse quello che oggigiorno è un po’ l’animale simbolo di San Rossore, il cinghiale.
Come si può facilmente notare, San Rossore non è mai stato un museo ma una parte integrante della realtà economica pisana e toscana. Anche da un punto vista del trasporto, San Rossore è sempre stato connesso al territorio circostante per mezzo dei tre fiumi che lo attraversano e delle numerose strade di collegamento. In particolar modo spiccava in passato l’Approdo sull’Arno presso le Cascine Nuove dato che aveva il pregio di collegare la tenuta non solamente con Pisa ma con buona parte della Toscana, approdo che sarebbe opportuno rivitalizzare nel quadro del nuovo piano per la navigabilità dell’Arno varato dal Comune di Pisa.
Oltretutto la storia ha dimostrato anche in tempi recenti come sia impossibile a livello pratico isolare totalmente una porzione del territorio dall’ambiente che lo circonda: il riferimento è all’introduzione involontaria del gambero killer della Louisiana alla fine degli anni ’90 del XX secolo. Scappato da un allevamento nel lago di Massaciuccoli, il crostaceo si è diffuso molto rapidamente in tutta Italia, anche in San Rossore quindi, e grazie alla sua prolificità ed aggressività ha quasi del tutto soppiantate le speci nostrane di gamberi d’acqua dolce.
Questa relazione insomma vuol semplicemente mostrare come non abbiamo di fronte   una realtà statica ma una realtà dinamica, che influenza ed è influenzata dall’interazione con l’uomo e con la società.
Nel caso di San Rossore, ciò è avvenuto ininterrottamente negli scorsi 2000 anni, ed è per questo che conservare l’ambiente non vuol dire mantenerlo staticamente immutato ma permettergli di evolversi in maniera naturale, facendo salva la relazione positiva che ha da sempre avuto con l’uomo.
Il fatto che al giorno d’oggi esista tutta una serie di tecnologie verdi che permettono di godere della natura senza danneggiarla deve costituire un ulteriore incoraggiamento verso una maggiore apertura di San Rossore alla realtà territoriale che lo circonda, migliorando l’integrazione economica ed infrastrutturale del parco con il resto della Toscana.
Se nei secoli passati è stato possibile utilizzare San Rossore a scopi produttivi e ricreativi senza danneggiarlo, a maggior ragione deve essere possibile farlo oggi.
Questo è lo scopo del presente lavoro, dimostrare che una visione non museale, una visione attiva e dinamica, può essere implementata in San Rossore senza per questo danneggiarlo o stravolgerlo.
Una visione per il futuro: tutela passiva contro tutela attiva
La Tenuta di San Rossore, come anche il resto del parco d’altronde, è soggetta ad un tipo di tutela passiva: gli unici scopi sono la conservazione dell’ambiente e la sua  minimale fruizione a scopo turistico. Questo tipo di tutela, prevalente nei parchi africani e nord-americani, è anche conosciuta come visione museale: l’interazione della Tenuta di San Rossore con la società civile ed il tessuto economico del territorio circostante è ridotta ai minimi termini e risulta tendenzialmente annullata per tutti quegli aspetti che non concernono i due obiettivi sopra indicati.
Le uniche eccezioni sono rappresentate dall’Ippodromo e da quel minimo di attività agricola e zootecnica che è presente all’interno della Tenuta.
Tuttavia, nella maggior parte dei parchi europei, a partire dagli anni ’70 del XX secolo, si è andata sviluppando, attraverso esperienze di vario tipo, una visione differente, conosciuta sotto il nome di tutela attiva. In base a quest’ottica, l’ambiente non rappresenta più semplicemente il contenitore dello sviluppo, ma può diventare una risorsa dello sviluppo socio-economico.
Se guardiamo indietro nel tempo alla storia della tenuta, possiamo notare che l’attuale forma di tutela è stata posta in essere solo a partire dagli anni ’60 del XX secolo. Fino a quel momento, infatti, l’area di San Rossore era uno dei motori trainanti dell’economia pisana, sia per quel che riguarda l’aspetto turistico-ricreativo che per quello agricolo e zootecnico. In epoca granducale vi erano nella Tenuta di San Rossore migliaia di capi di bestiame, molti di più rispetto alle poche decine presenti attualmente. L’allevamento, fatto ovviamente nel pieno rispetto della natura, può tornare ad essere il motore trainante dell’economia della tenuta. Il settore turistico e ricreativo deve essere ovviamente mantenuto e possibilmente potenziato ed in prospettiva ha tutte le carte in regole per essere un importante volano di occupazionale, capace esso stesso di promuovere (specialmente nei bambini e adolescenti) la cultura dell’ambiente. Le risorse per il rafforzamento della zootecnia sono facilmente reperibili attraverso un maggiore sfruttamento del patrimonio immobiliare. Attraverso una più stretta interazione con le imprese e con il mondo dell’associazionismo, la tenuta potrebbe raggiungere un duplice obiettivo: da una parte salvaguardare e/o recuperare gli immobili stessi, dall’altra recuperare le risorse per ulteriori investimenti nell’allevamento. Questo si rifletterebbe positivamente anche su quella parte del patrimonio immobiliare preposto alla zootecnia, che potrebbe a sua volta essere ristrutturato/recuperato e permetterebbe un’ulteriore espansione della stessa.
A coloro che propugnano la continuazione indefinita della visione museale della Tenuta di San rossore, si possono evidenziare due cose:
  • in epoche passate, il maggiore sfruttamento zootecnico della tenuta non era affatto incompatibile con la conservazione dell’ambiente. Le due realtà costituivano anzi un tutto armonico che si integrava senza soluzione di continuità;
  • l’attuale ambiente della Tenuta di San Rossore non è affatto quello originario ed autoctono, dato che numerose specie sia animali che vegetali sono state introdotte dall’uomo nel corso dei secoli. La presenza del cinghiale, ad esempio, che oggi è una delle specie più diffuse e rappresentative della tenuta, ha poco più di due secoli di storia, essendo stato introdotto da Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone.
La tenuta di San Rossore è una risorsa immensa per Pisa e per i suoi cittadini ma solo attraverso una visione più moderna e razionale, scevra da quelle pregiudiziali ideologiche che hanno finora   appesantito l’amministrazione ed ostacolato lo sviluppo, potrà raggiungere il suo pieno potenziale.
Masterplan per San Rossore
Il Masterplan, elaborato dallo studio di architettura internazionale Carlo Ratti Associati e Italo Rota, è per certi versi interessante in quanto va nella stessa direzione prospettata dalla presente relazione, ovvero quella di passare da una forma di tutela passiva e museale ad una attiva. Per utilizzare le stesse parole degli autori, con il masterplan “San Rossore si candida ad entrare nel novero dei più importati ed innovativi parchi europei e mondiali, coniugando turismo sostenibile, agricoltura biologica all’avanguardia, arte, mobilità sostenibile, partecipazione”. Pur mantenendo l’attuale criterio di permeabilità e accessività decrescente dalla città verso il mare, il masterplan propone l’installazione di una segnaletica nuova, unitaria e coordinata, all’interno della tenuta che, oltre a migliorare l’esperienza estetica del visitatore, punti ad arricchirne la fruizione degli spazi naturali attraverso una progressiva integrazione con le tecnologie digitali. Il masterplan tiene ovviamente conto dell’immenso patrimonio immobiliare della tenuta, proponendo progetti innovativi come la Comunità Agricola 4.0, “dove cittadini e turisti potranno sperimentare un’interazione attiva tramite l’agricoltura, integrando le attività dell’azienda agricola del Parco” o la creazione di comunità artistiche e/o studentesche immerse nel verde di San Rossore e progetti più classici come la ristrutturazione di alcuni immobile per destinarli ad eventi quali retreat aziendali e/o convention. Il piano prevede inoltre una nuova integrazione della tenuta con la rete di trasporti della città di Pisa, creando un polo per il trasporto ecocompatibile di terra presso le Cascine Vecchie e la riattivazione dell’approdo sull’Arno presso le Cascine Nuove. Quest’ultimo punto è particolarmente interessante: nei secoli passati, sia sotto I Medici che sotto I Lorena, la tenuta era collegata direttamente con Firenze attraverso l’acqua. Nei decenni più recenti il collegamento è caduto in disuso ma ora, grazie al nuovo piano per la navigabilità dell’Arno lanciato dal Comune di Pisa, c’è la possibilità di ripristinarlo. Riattivando il collegamento con l’Arno, si migliorerebbe notevolmente l’integrazie del parco, non solamente con il territorio circostante ma anche con tutta la regione: il fiume è l’arteria vitale della Toscana, l’elemento unificante di aree con vocazioni diverse ma complementari come Pisa, Livorno e Firenze.